30 giugno 2005
>L'IMPORTANZA DI CHIAMARSI JULIA
L’amico e mentore morto da quindici anni, ora immaginario ma che può sempre ritornare, apre e chiude come nella migliore tradizione del teatro classico un sipario pesante e rosso. Julia Lambert in realtà è molto più che l’attrice assoluta di una Londra irripetibile. È una bellissima donna, una quarantacinquenne madre con poco tempo a disposizione per esserlo fino in fondo, una moglie aperta di una ricca coppia aperta tra amici aperti, giovani bionde rampanti aspiranti star e giovani affascinanti americani che conoscono «Un sacco di modi per evadere le tasse». Ha una domestica eccezionale, un’amica rompiscatole e una capacità di aprire e chiudere il rubinetto delle lacrime a cui poco importa del palco o della vita di tutti i giorni. Julia Lambert è la protagonista di un film non sul teatro o col teatro dentro, quanto più di un immenso lavoro di applicazione della grammatica di scena non solo come base per dialoghi, costumi, scenografie e sceneggiatura, ma soprattutto come categoria prima e unica per lo svolgimento della vicenda. Per il resto la pellicola è di certo una di quelle piccole gemme lavorate a mano, con tanti attori famosi e con tutti gli altri parecchio bravi, con la freschezza di una commedia e l’eleganza della qualità. E Annette Bening, doppiata a volte bene e altre meno da Mariangela Melato, è sempre e al solito semplicemente maestosa.
Being Julia - La Diva Julia (Being Julia, Canada/Stati Uniti/Ungheria/Regno Unito, 2004, sala) Regia di István Szabó
| inviato da il 30/6/2005 alle 12:2 | |
26 giugno 2005
>VAI, WILLER!

| inviato da il 26/6/2005 alle 12:54 | |
26 giugno 2005
>BATMAN COMINCIA COSÌ COSÌ
Preferiamo l’uomo pipistrello con il mascellone, che questo qui con i capelli leccati e la voce cattiva. Preferiamo i suoi nemici tradizionali, romantici e malinconici, che un insieme indistinto di criminalità organizzata, sette new age pseudotibetane su terreno islandese, gas allucinogeni e microonde a spasso sulla monorotaia. Preferiamo la sfuggente icona gay, che questo sbarbatello che si compra l’hotel per tuffarsi nell’acquario con due sciacquette dall’accappatoio bianco. Preferiamo la prima parte, quella del montaggio alternato mai frettoloso e sempre corretto, che non ha bisogno di altro e che forse diverte proprio per questo, piuttosto che una seconda parte dove nessuno può muovere un dito senza prima che Nolan abbia messo la didascalia per spiegare a tutti quello che sta per succedere. Preferiamo Katie Holmes, molto meglio di quello che pensavamo e molto meglio di altre pupe sue colleghe, che un Christian Bale che continua a mettere in scena solamente grandi interpretazioni fisiche. Preferiamo Gary Oldman, Tom Wilkinson, Rutger Hauer, che una sceneggiatura di dialoghi imbarazzanti e involontariamente comici. E alla fine preferiamo pure il finale copiazzato e copiazzato anche male, rispetto a un film che coinvolge molto meno del tanto chiasso che fa.
Batman Begins (id., Stati Uniti, 2005, sala) Regia di Christopher Nolan
| inviato da il 26/6/2005 alle 12:42 | |
26 giugno 2005
>IL COMPLEANNO DI PIPPO - indice
22 Giugno> Manifesto> Balzani>1 >2 Dialogo sui Doveri> Ricordo>
| inviato da il 26/6/2005 alle 12:14 | |
25 giugno 2005
>IL COMPLEANNO DI PIPPO - 6
Per l’esame poteva andare bene. Non l’aveva scelto ancora nessuno, avrei fatto una bella figura dalla maestra e poi soprattutto non era un argomento come quelli che preparavano gli altri. Era un personaggio. Era già il mio personaggio preferito.
Quinta elementare. Giuseppe Mazzini i miei compagni non è che li avesse proprio spaventati come qualcuno voleva far credere. Piuttosto è che loro preferivano le due guerre mondiali, o le tre d’indipendenza, o il fascismo, o il nazismo. Il comunismo mi pare non lo preferì nessuno. E poi, ecco, decidere di preparare una ricerca per l’esame di licenza su un argomento sarebbe stato facile, avevamo la biblioteca piena di libri che si intitolavano «La Grande guerra», «Mussolini», «Hitler», «La Seconda guerra mondiale». Per Mazzini, invece, dovette pensarci la mia maestra, quella della bella figura, che però per capire cosa succedeva dopo la Repubblica Romana dovette chiedere un po’ in giro. Il nostro sussidiario diceva solo che era genovese, l’anno di nascita, che era carbonaro, poi massone, e che a un certo punto disse «L’Italia deve essere una, libera e repubblicana».
Alle scuole elementari che l’Italia dovesse essere «Libera e repubblicana» di dubbi ce n’erano pochi. Era su quell’«Una» che nel 1995 qualche dubbio qualcuno l’aveva. O meglio, l’Italia poteva pure essere «Una», ma la Padania sarebbe stata un’altra. Ricordo che a casa mi dicevano che quest’altra Padania finiva al Po, e che però il mio compagno mi raccontava che l’Emilia-Romagna ne faceva parte lo stesso, e che allora i miei genitori mi spiegarono che era perché eravamo una regione ricca.
Tutto giusto. Compreso il fatto che il mio compagno fosse il figlio del segretario politico comunale della Lega nord di Faenza, e che lui di storia, per l’esame, non sapesse proprio cosa portare. «Giuseppe Mazzini», gli suggerii, che tutti gli altri si erano già messi in coppia perché avevano capito che in due si sarebbe lavorato di meno.
Io ero più individualista. E volevo fare tutto da solo, e allora gli portai la ricerca, completa, solo da studiare, se voleva essere promosso. Ma non importava molto. Mi premeva solo che capisse che l’Italia fosse «Una». Una per davvero.
| inviato da il 25/6/2005 alle 18:41 | |
25 giugno 2005
>PAGINE PATETICHE
Quando si scende sotto il livello della dignità, per scadere e cadere in un vuoto rosa confetto, dolciastro e insipido, smagoso e addormentato, patinato e stanco, ripetitivo e tutto sbagliato, pure le donne, quelle che amano tanto l’amore «da film», finiscono per accorgersene. Specie poi se nel film le loro colleghe diciassettenni dell’America profonda anni Quaranta, del South Carolina preguerra mondiale, amano andare in giro per il luna park scosciate, scamiciate, con tacchi altissimi e pure con le tette bene in evidenza. In effetti da quel momento, si sprecano gli inutili e continui sbaciucchiamenti e i poco appassionanti linguazzamenti soft in bocca o sul collo, con qualche altra parentesi veloce di amori impediti dal reddito, ritrovati per caso e risbocciati tra litigi feroci, primi piani patetici, lacrimucce che questa volta funzionano poco. Peccato perché invece il finalone drammatico in un certo senso merita anche, e peccato perché forse tutto quanto il film avrebbe dovuto avere quel tono, cercato, a volte, ma mai trovato e perso tra le riprese della natura e di interni a volte kitsch, altre parecchio contemporanei per essere credibili allestimenti di oltre cinquant'anni fa. Tra malinconia d’accatto, demenza senile, infermieri di colore e le barzellette del padre di lei raccontategli dal vescovo con puttane, suore e quattro stalloni come protagonisti, si consuma e si completa la tristezza generale. Pietoso, senz'appello.
Le Pagine Della Nostra Vita (The Notebook, Stati Uniti, 2004, sala) Regia di Nick Cassavetes
| inviato da il 25/6/2005 alle 2:3 | |
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